Nel primo semestre 2022 le dieci maggiori imprese mondiali dell’energia hanno ottenuto super profitti per un totale superiore ai 219 miliardi di dollari, più della ricchezza prodotta in un anno dalla Grecia, o dall’Ucraina. Le “Sette sorelle” non sono più solo occidentali: accanto ai big statunitensi e britannici, ci sono i sauditi, i russi, i cinesi. La tassazione decisa da alcuni governi europei ha consentito di recuperare, per ora, solo una minima parte di questi extra guadagni: il 5%.
Il 27 ottobre 1962, il presidente dell’Eni Enrico Mattei moriva in un attentato a Bascapè, in provincia di Pavia, dove precipitò l’aereo su cui volava. Mattei fu ucciso probabilmente per la sua politica energetica autonoma in un contesto di Guerra fredda e contrapposizione tra i blocchi politico-militari.
Era stato lui a parlare di “Sette sorelle” riferendosi al cartello delle grandi compagnie petrolifere statunitensi e britanniche che dominavano allora il mercato degli idrocarburi.
Sessant’anni dopo le “Sette sorelle” sono piuttosto diverse da quelle di allora: c’è ancora qualche colosso statunitense e occidentale, ma chi sta guadagnando dai maxi rincari dell’energia – e dalla guerra in Ucraina che li alimenta – sono soprattutto giganti del petrolio e del gas russi, cinesi, sauditi.
I profitti delle maggiori imprese mondiali dell’energia nel primo semestre 2022
Fonte: nostra elaborazione su bilanci aziendali e notizie Reuters
Le dieci maggiori imprese mondiali dell’energia hanno ottenuto nei primi sei mesi del 2022 un utile netto complessivo di 219 miliardi di dollari, superiore all’intera ricchezza prodotta in un anno dalla Grecia, o dall’Ucraina. Nell’ultimo anno pre-Covid avevano ottenuto un risultato totale di 89 miliardi di dollari: hanno cioè più che raddoppiato gli utili, con 129 miliardi di dollari di extraprofitti.
Delle vecchie “Sette sorelle” sono rimaste la Shell, la Esso, oggi ExxonMobil, e la Bp, la britannica British Petroleum. La Bp è l’unica finita in rosso nel primo semestre di quest’anno a seguito del disinvestimento dalla società petrolifera russa Rosneft, di cui deteneva il 19,75% del capitale, e dalla conseguente svalutazione.
Secondo ReCommon, associazione italiana che lotta contro gli abusi di potere e il saccheggio dei territori, le misure di tassazione degli extraprofitti adottate da Paesi europei per recuperare risorse da destinare ai cittadini gravati dal caro-bollette hanno avuto finora un impatto limitato, solo il 5% degli utili ottenuti dalle 6 maggiori imprese europee (non sono considerate quindi Saudi Aramco, Gazprom, ExxonMobil e Petrochina).
Leggi qui il rapporto di ReCommon “Analisi degli extraprofitti nel settore oil & gas europeo”